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A Mosca, nel giugno del 1880, Fëdor M. Dostoevskij tiene all'Associazione degli amanti della letteratura russa un discorso nel quale celebra Puškin come modello supremo dell'"uomo russo". Le sue trascinanti parole suscitano nell'uditorio un entusiasmo e una commozione senza precedenti. La dissertazione diventa immediatamente - e resterà a lungo - un caposaldo del dibattito intellettuale russo, diviso a proposito dei rapporti con l'Occidente tra chi vorrebbe un Paese emulo delle civiltà europee, gli occidentalisti, e gli slavofili che auspicano invece per la nazione russa un cammino autonomo. Due mesi più tardi lo stesso Dostoevskij pubblica il discorso sulla sua rivista «Diario di uno scrittore», e lo accompagna con un'introduzione e con la puntuale risposta alle critiche mossegli dal professor Gradovskij. I tre testi - qui presentati insieme alla conferenza tenuta nella stessa occasione da Turgenev, faro degli occidentalisti - sono introdotti da Paolo Nori che, grazie a una serie di fulminanti close-up, ricostruisce, oltre a quella epica giornata, la temperie culturale ed emotiva della Russia di fine Ottocento.
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