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"Non ho mai fatto differenza, o posto gerarchie di nobiltà, tra il mio scrivere in proprio e quell'atto che, comunemente, viene chiamato tradurre", afferma Giorgio Caproni sottolineando la sostanziale continuità tra traduzione e scrittura poetica e affidando alla traduzione l'importante funzione di "allagamento della propria esperienza e coscienza: del proprio essere ed esistere, più che del conoscere".Progettato da Caproni stesso pochi anni prima della morte, questo Quaderno presenta una scelta delle sue traduzioni poetiche: alle versioni ormai famose da Apollinaire, Char, Frenaud, Garcia Lorca, se ne accompagnano altre inedite, come quelle da Baudelaire, o fin qui reperibili solo su rivista o su antologia: Prevert, Verlaine, Cadou, Henri Thomas, De Viau, Hugo, Manuel Machado. Dall'accostamento di testi originali e versioni caproniane risulta un rapporto dialogico fitto di convergenze e agnizioni; un affascinante intreccio vocale a cui la scrittura poetica di Caproni partecipa in profondità, poiché tradurre è, nelle parole dello stesso poeta, quanto "rende diurno ciò che già era in lui, ma dormiente: notturno". Nella sua sequenza di "imitazioni", il Quaderno consente di individuare una forma del tradurre che si sottrae originalmente, sia nella teoria che nella testualità, alle tendenze dominanti nella nostra tradizione novecentesca della versione poetica.Il volume, introdotto da uno scritto di Pier Vincenzo Mengaldo, è accompagnato da una ricca nota ai testi del curatore in cui si individuano le varianti di traduzione e le scelte che le hanno motivate.
Pubblicato da: EINAUDI
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