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Il Natale di Arturo Gualtieri, il giardiniere della Villa di Meretto, fante durante la Grande Guerra. Un racconto malinconico e pieno di speranza dal fronte italiano.
«Non chiedeva altro che un sonno in cui poter vedere ancora il sorriso di Duilia, di Primo. Sognare Meretto immaginando di festeggiare il Natale insieme alla famiglia.»
Vigilia di Natale, 1915
Era l'inizio di un giorno come ogni altro per Arturo e i suoi commilitoni: sveglia all'alba, rifare la branda battendo i denti, sciacquarsi i visi barbuti con del ghiaccio sciolto sul fuoco, vestirsi e via per la colazione al refettorio. I cannoni tacevano e la montagna sembrava dormire, sotto a strati a di neve, là, dove era tracciata una linea invisibile che chiamavano «Italia». Quella mattina, in sella a un mulo pezzato, Arturo sarebbe sceso a valle a fare rifornimenti. Il freddo, la fatica, la nostalgia di casa, in quella nuova vita che da quasi sette mesi aveva il sapore di polvere e di tabacco scadente, lo spingono tra i ricordi dei giorni di festa a Meretto, dall'amata Duilia, dal figlio Primo, dagli amici Polidori davanti a un piatto di brodo di cappone. Perché se il soldato ideale non prova sentimenti, è indifferente alla morte, senza alcuna memoria, al fronte di soldati ce ne sono ben pochi, i più sono semplici uomini, come Arturo, con famiglie e ricordi. E quel cessate il fuoco, passato alla storia come «la tregua di Natale», non fu altro che un tentativo di normalità per tutti i figli, i fratelli, mariti e padri, a cui era stato dato l'ordine di colpire un nemico in cui era fin troppo facile riconoscersi.
Pubblicato da: SPERLING & KUPFER
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