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«Quella maneggia i manubri come un uomo, e ha il più bel braccio di donna, se lo vedesse nudo, che si sia mai visto sotto il sole», dice il feroce maestro Fassi al timido segretario Simone Celzani, incontrandolo per le scale dell’elegante condominio liberty in Via San Francesco d’Assisi a Torino. A possedere il più bel braccio di donna è la maestra di ginnastica Maria Pedani che al terzo piano di quel palazzo condivide un quartierino con la collega Zibelli, proprio di fronte l’uscio del ruspante maestro Fassi. Quel braccio nudo ed il suo movimento fanno crescere nel giovane impiegato il desiderio amoroso, la passione, fino al punto di sentire salire il sangue alle guance.
La maestra Pedani e il segretario Celzani sono i protagonisti di questo breve e gustoso romanzo di un De Amicis inedito al grande pubblico, anti-retorico, ironico e sensuale. La florida ventisettenne, «larga di spalle e stretta di cintura», niente affatto incline ai sentimentalismi, perché tutta presa dalla diffusione tra i ragazzi della ginnastica educativa, scienza capace di rigenerare il mondo, respinge all’inizio la dichiarazione d’amore del malinconico scrivano, trentenne ma dai modi di un attempato signore di cinquanta, patriota e liberale ma ex seminarista, di cui aveva conservato le movenze, tanto da meritarsi tra gli inquilini della casa il nome di don Celzani.
«Non gli era possibile regger più oltre con quel tormento di desiderio in corpo, inasprito ogni giorno da quegl’incontri, nei quali non gli riusciva neppure di procurarsi il gusto di guardarla». L’altro protagonista del romanzo dunque è proprio il corpo. Non l’anima, ma le membra, ammirate nello sforzo di un esercizio ginnico, ovvero vagheggiate in un abbraccio amoroso.
Intorno a questi tormenti ruotano gli altri personaggi del romanzo. Oltre alla gelosa maestra Zibelli ed al Fassi, con la moglie dotata di una «rozza bellezza di caporalone», il commendatore zio Celzani, il vecchio professor Pedalocchi e la movimentata famiglia dell’ingegner Ginoni.
Il De Amicis di "Amore e Ginnastica" non è da libro Cuore. Nelle pagine di questo piccolo romanzo non c’è spazio per pianti antichi o lezioncine morali. Ci troviamo di fronte ad una godibile ed ironica architettura, ad un’inattesa pruderie, tutt’altro che in linea con la retorica bacchettona dell’epoca. Tutta la storia ha un’ambientazione familiare, concentrata in un Palazzo di Torino fin de siècle, dove si consumano con insostenibile leggerezza amori segreti, invidie sociali, modesti successi e piccoli drammi borghesi. Resta anche se sotto traccia la vocazione pedagogica di De Amicis, mentre affiora la forza di un inconfessabile istinto a rompere le regole del conformismo amoroso. La vita, istruzioni per l’uso, si potrebbe dire. Il romanzo sembra inseguire lo schema circolare di Georges Perec, eppure il lettore ha l’impressione di poter finire, prima o poi, dentro un salottino da commedia vaudeville.
Pubblicato da: Scrivere
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