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«Sto guardando, mentre scrivo di Kafka, la sua fotografia a quarant'anni (la mia età): è il 1924, con ogni probabilità l'anno più dolce e pieno di speranza della sua vita adulta, e l'anno della sua morte. Il viso è affilato e scheletrico, la faccia di uno che vive a credito: zigomi pronunciati resi ancora più evidenti dall'assenza di basette; orecchie con la forma e l'inclinazione delle ali di un angelo; un'espressione intensa e creaturale di sbigottita compostezza - enormi paure, un enorme controllo; unico tratto sensuale, una cuffia nera di capelli levantini tirata sul cranio; c'è una familiare svasatura ebraica nel ponte del naso, un naso lungo e leggermente appesantito in punta - il naso di metà dei ragazzi ebrei che erano miei amici alle superiori. Crani cesellati come questo furono spalati a migliaia dai forni; se fosse sopravvissuto, il suo sarebbe stato fra quelli».
Pubblicato da: EINAUDI
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