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Coperta “Incidente sul lavoro”

Incidente sul lavoro

Pagine: 123

Quando nel 1974 Antonio Perria pubblica Incidente sul lavoro, il lettore medio italiano ha avuto più di un decennio per liberarsi definitivamente dai condizionamenti esterofili della nostra editoria di genere. Il clamoroso successo, a partire dal 1959, degli italianissimi Casacci and Ciambricco in tv con il loro tenente Sheridan; l’éxploit di Leonardo Sciascia che, da Il giorno della civetta (1961) in poi, dà assoluta dignità letteraria al giallo italiano; l’invasione nelle edicole, all’inizio degli anni Sessanta, del fumetto “nero” Diabolik a opera delle audaci sceneggiature delle miti sorelle Giussani; la nascita e la diffusione incontrollabile, alla fine del decennio, del “poliziottesco” nei cinema di tutta Italia; e infine lo straordinario successo, anche di critica, dell’ultimo Scerbanenco e della premiata coppia Fruttero and Lucentini: ebbene tutto ciò contribuisce a sprovincializzare il pubblico e lo predispone a giudicare benevolmente la nuova impresa letteraria, nata in modo casuale – per ammissione dello stesso autore – da un’ispirazione puramente saggistica. Veterano di cronaca nera, Perria sfugge comunque ai condizionamenti dei modelli testé indicati, elaborando un’originale commistione di realismo e critica sociale di ispirazione marxista sullo sfondo di una Milano ormai irriconoscibile. La capitale morale del nostro paese, uno dei motori del boom economico, sta vivendo infatti un’epoca di degrado morale, vittima di mali che sono comuni all’intero paese e dovuti a uno sviluppo malato del nostro capitalismo. La borghesia, e quel che rimane della nobiltà, offrono di sé un’immagine decisamente negativa che si riverbera anche sulle altre classi sociali, benché, per queste ultime, vi sia una parziale giustificazione nel condizionamento economico, culturale e religioso a cui sono state sottoposte per decenni. In tal modo, in una Milano inospitale per il clima e per i disvalori che la corrodono, nessuno si salva davvero: ne esce così un potente affresco, condotto con uno spigliatissimo indiretto libero frutto della professionalità del vecchio cronista, in cui non c’è spazio neppure per gli eroi canonici, gli investigatori senza macchia e senza paura a cui tutto sommato anche i colleghi di Perria sono ancora legati. 
 
Pubblicato da: Oltre Edizioni

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