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È un tiepido mattino d'autunno quando Sherlock Holmes e il dottor Watson scendono da una carrozza della polizia davanti a una casa signorile di Marylebone. Convocati dall'ispettore Lestrade sulla scena di un delitto alquanto fuori dell'ordinario, i due varcano la soglia di uno studio con librerie di mogano alle pareti e una finestra incorniciata da tende di velluto verde. A terra, dietro una pesante scrivania di quercia, si scorge il cadavere di un uomo. La vittima, il chirurgo Horace Simpson, giace sulla schiena con mani e piedi legati insieme strettamente. Ma il dettaglio più scioccante è che la testa appare completamente ricoperta di sabbia. Una sabbia fine, chiara, che di certo non proviene dalla zona di Londra. Emerge così dalle ipotesi investigative una pista che conduce a un luogo lontano, indietro nel tempo. In una tomba egizia della Valle dei Maghi, un cimitero dei sacerdoti del dio Ra nei pressi del Cairo, è stata rinvenuta un'iscrizione le cui parole terrificanti contro i profanatori risuonano ora, dopo millenni, nel cuore dell'Impero britannico. Spetterà a Holmes, irremovibile nel respingere qualsiasi spiegazione irrazionale, impedire che l'antico anatema reclami il suo tributo di sangue.
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