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Harris (l'uomo più prosaico della terra) e George (che "va a dormire in una banca tutti i giorni dalle 10 alle 16, tranne il sabato quando lo cacciano fuori alle 14"), assieme al fedele cane Montmorency, viaggiano per giorni sulla loro imbarcazione, scorrendo lungo le campagne inglesi, e vivono sempre nuove e inattese avventure che strappano risate di continuo. Il viaggio è costellato da una serie di gag comiche sulle gioie e sui dolori della vita in barca (quali le peripezie sul trasporto delle vivande, la costruzione della tenda sulla barca, i pericoli di cadute in acqua), unite a divertenti divagazioni che costituiscono storie a sé stanti, nel miglior stile dello humour inglese: celeberrimo è il racconto dello zio Podger alle prese con un quadro da appendere. Il tutto condito da descrizioni realistiche delle regioni attraversate dalla simpatica brigata e brevi notazioni di filosofia per non addetti ai lavori.
Tre uomini in barca (per non parlare del cane), scritto da Jerome K. Jerome nel 1889, è un capolavoro nato quasi per caso. Jerome, originariamente, aveva redatto un'opera ricca di notizie storico-letterarie utili per una guida turistica e che doveva intitolarsi "La storia del Tamigi". L'editore della rivista sulla quale venne pubblicato il racconto, fortunatamente, pretese di tagliare le digressioni storico culturali e questo fatto sancì l'enorme successo con il quale venne accolto il libro snellito ma pieno di gag umoristiche.
Traduzione dall’inglese di Silvio Spaventa Filippi.
Pubblicato da: Scrivere
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